Il Gioco del Bianchetto è la conclusione di un percorso iniziato nel 2023 con "Ristoro" e "C’erano chiodi", un lavoro che intreccia memoria, terapia e trasformazione attraverso la fotografia. Si concretizza in un mazzo di 54 carte, tante quante gli album d’archivio che ho consultato e trasformato.
Seguendo l’approccio di Jodorowsky, il lavoro con i Tarocchi non è solo interpretazione, ma un’esperienza attiva e fisica, un rituale di riscrittura, un atto psicomagico. Attraverso segni e simboli, il mio mazzo diventa un dispositivo di guarigione, un ponte tra il passato e la possibilità di reinventarlo. Ogni carta è un’immagine archetipica che ho creato per me stessa, non solo da quelle già esistenti, ma ruoli e figure di cui avevo bisogno.
In questo senso, il mio disegnare sulle fotografie è un processo di esplorazione. È un gesto volto a trasformare l’inconscio, un dispositivo di reinscrizione della memoria, una forma di riparazione simbolica. È un’indagine, il segno visibile di un processo di ricerca interiore. Non si tratta di abbellire o completare l’immagine, ma di abitarla.
Così ho giocato al bianchetto, ho fatto finta di attraversare il tempo e le fotografie. Sono stata coetanea dei miei genitori, una sorella maggiore, un’amica di famiglia, una bambina che gioca a calcio con suo padre. Ho festeggiato i diciotto anni in una famiglia allargata, ho vissuto il Capodanno del 1974, ho camminato mano nella mano con lui nel mio primo giorno di scuola.​​​​​​​
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